La Resistenza
Il Santuario di Santa Lucia durante la Resistenza tra settembre 1943 e maggio 1945, diventa sede di attività partigiana in quanto vi si stampa clandestinamente l’importante testata la “Rinascita d’Italia”, curato dal prof. Giovanni Bessone. Vi trovano rifugio il frabosano don Giuseppe Bruno, soprannominato “il prete dei Partigiani”, che fondò il gruppo “Azione e ordine” nel quale si formarono molti partigiani di ispirazione cristiana fra cui il comandante Piero Cosa. I partigiani si nascondevano nel sottotetto del Santuario al quale si accede da una finestrella del loggiato recentemente riaperta ed in altri anfratti, protetti dalle suore e da don Pietro Servetti arciprete della parrocchia di Santa Caterina di Villanova. Pur tra rastrellamenti dei tedeschi, torture della Gestapo, spie e delatori, il Santuario resistette grazie anche al contributo e sostegno di madre Margherita Lazzari, di suor Carla De Noni e delle suore Missionarie della Passione di Gesù. La curia di Mondovì, come molte altre diocesi italiane, era collocata silenziosamente contro il fascismo e contro la bestialità delle camicie nere. La Chiesa locale non faceva distinzione tra partigiani garibaldini e autonomi, che portavano al collo fazzoletti o rossi o azzurri. A ringraziamento di queste figure v’è una lapide apposta dai partigiani di fronte all’ingresso della grotta.

Suor Carla De Noni
Suor Carla De Noni è stata insignita della medaglia d’Argento al Valore militare per la Resistenza. Venne reclutata nel 1944 dal comandante Dino Giacosa cofondatore del “Sevizio X”, il servizio segreto dei partigiani con funzione di coordinamento delle brigate partigiane della Liguria, Piemonte, Lombardia e Valle d’Aosta.
La Suora svolse la sua attività e missione (informazione sui movimenti, messaggi consegnati, supporto di cibo e medicinali, ristoro) insieme alle sue consorelle, facendo del santuario di Santa Lucia la base operativa. Salvò molti ebrei dai tedeschi, dalle famigerate SS. Pochi giorni prima della Liberazione, durante una missione finalizzata a portare cibo ai partigiani, il trenino su cui viaggiava da Villanova verso Mondovì, in località Beila, fu mitragliato da un aereo degli alleati e Suor Carla colpita alla schiena, al braccio e al mento che fu asportato da un grosso proiettile. Fu data per spacciata dai medici dell’ospedale e rimandata al convento per morire in pace a casa propria.
Ma la suora era una combattente e lottò contro le avversità. Subì molteplici operazioni e sofferenze. Arrivò la Liberazione, ma lei rimase nel letto, inconsapevole di quanto stesse accadendo. Le altre suore e la Madre superiora, pregarono per l’intercessione del salesiano don Filippo Rinaldi, poi beatificato nel 1990, per oltre due mesi. Suor Carla appariva i condizioni disperate non potendo parlare e mangiare per la mancanza della mandibola inferiore. La sua “agonia” fu lunghissima e si concluse con un’inaspettata, miracolosa, guarigione, risultato di una “sinergia” tra sacro (le preghiere delle consorelle e l’intercessione di don Rinaldi) e profano (le cure del dottor Fenoglio). L’osso mandibolare spappolato si riformò e ricompose e Suor Carla un bel dì si risvegliò con il mento miracolosamente riformato. Poteva nuovamente parlare e mangiare. Questo evento straordinario venne riconosciuto dalla Chiesa e dalla scienza come miracolo.
